Il tema sviluppato di recente con cui ho cercato di evidenziare alcuni aspetti legati alle varie definizioni attribuite nell’arco degli ultimi trent’anni alla figura professionale del promotore finanziario per poi passare al suo riconoscimento formale sul piano regolamentare come consulente finanziario, ha visto intervenire molti esponenti autorevoli del settore con prese di posizioni critiche sul modo di classificare e identificare il ruolo e la funzione sociale svolta dallo stesso CF nei rapporti con la comunità degli investitori/risparmiatori.
Contrariamente alla letteratura ufficiale dei vari modelli di classificazione adottati da più parti, credo sia utile – per obiettività di giudizio – ricostruire sul piano storico e metodologico la sua fenomenologia, ciò anche al fine di comprendere le sue specifiche e oggettive funzioni, travalicando ogni argomentazione avversa. Fare quindi un’opera di chiarezza – una volta per sempre – serve ad eliminare la confusione ermeneutica dell’uso che ne è stato strumentalmente fatto in questo arco di tempo nei confronti di tali operatori qualificati, rivalutandone così la loro immagine e il loro skill professionale.
Gli antefatti
Per comprendere appieno il significato della nascita del Cf, relegato poi alla qualifica di “promotori dei servizi finanziari” dalla legge sulle SIM del 1991 (Società di Intermediazione Mobiliare) bisogna risalire al lontano 1989 allorquando l’allora Ministro del Tesoro, On.le G.Amato, si fece portavoce di una proposta di disegno di legge – la numero 3870 Camera dei Deputati , approvata poi dal Senato nella seduta del 27 aprile 1989 – che aveva come obiettivo la regolamentazione della “Disciplina di Intermediazione mobiliare e disposizioni sull’organizzazione dei mercati mobiliari”. Un testo che gettava le basi per un riordino generale del mercato finanziario italiano e della stessa borsa italiana. Un fermento sul piano legislativo che aveva la funzione di allineare il Paese Italia agli altri paesi della Comunità Europea allora molto più avanzati in tale settore.
La formulazione della struttura del testo di tale d.d.l. (non erano citati i consulenti finanziari) promosse un vivace dibattito tra tutte le forze politiche ed i vari soggetti direttamente interessati che, attraverso azioni mirate, fecero apportare all’articolato dello stesso disegno di legge alcune modifiche ritenute necessarie e mature nel dare significato alla figura del Cf (ex art. 2 bis)**; testo che fu poi assegnato da parte della Presidenza della Camera dei Deputati il 2 maggio dello stesso anno alla Commissione Finanze (VI Comm.) “in sede referente” di cui ne era allora Presidente e relatore l’On.le Francesco Piro.
Il grande interesse da parte della comunità finanziaria e della stampa sull’argomento suscitò infatti pareri molto discordanti che influenzarono l’andamento dell’iter legislativo per la sua definitiva approvazione, tanto che l’Istituto di Studi Parlamentari (I.S.P.) promosse un Convegno specifico sul tema nel lontano marzo 1990. Convegno che per lo spessore dei vari relatori – da G.Gaffino, Presidente dell’Ordine degli Agenti di Cambio a M. Minotti, Vice Direttore di Abi e a A.Piccini, Presidente dell’Ass. Naz.Commissionari di Borsa e dei partecipanti al dibattito, Ministri e Sottosegretari, tra cui F. Priore allora Pres. di Anasf, suscitò un confronto dialettico dai toni forti, con posizioni divergenti che influenzarono negativamente le decisioni successive nella formulazione del testo finale nella citata Legge sulle Sim (n.1/91) per quanto riguarda il riconoscimento formale da dare alla nuova figura del consulente finanziario.
E’ interessante sottolineare come durante questa fase il ruolo politico giocato dalla figura del Presidente On.le Piro e parallelamente dal Presidente dell’Anasf, Priore – a mio avviso – ebbero a delineare e combinare insieme, con un “ragionevole compromesso”, l’inserimento nel testo in fase di approvazione della legge sulle Sim, dell’albo nazionale della figura del già consulente finanziario, accettandone però la nuova formulazione con una denominazione restrittiva di quelle che avrebbero potuto essere le sue reali funzioni come è appunto il “Promotore dei Servizi Finanziari” (ex art.5- L. 1/91), con il vincolo nello svolgimento della sua attività professionale come “monomandatario” e come “persona fisica” nel solo interesse di un singolo intermediario. Una “combinazione” di elementi che “tradiva” le aspirazioni professionali degli oltre quindicimila consulenti finanziari allora operanti nel mercato delle reti di collocamento.
Su questo fronte vi è un ampia letteratura che ho cercato di ricostruire dai documenti raccolti sulla stampa dell’epoca ed in particolare dalla rassegna del notiziario “Il Finanziario”, Dieci anni di Anasf, del marzo 1989 curato dalla stessa Associazione che si era fortemente prodigata per dare dignità e cittadinanza a tale figura professionale nella società italiana.
In realtà e senza esprimere giudizi di merito sul piano delle scelte politiche adottate allora dalla dirigenza dell’Associazione che rappresentava la stragrande maggioranza della categoria, credo che vada fatta una riflessione – a distanza di anni – ponendoci una domanda di fondo, cruciale: ovvero se tale scelta non abbia prodotto poi il caos recente sull’uso del termine adottato nel definire la figura del consulente finanziario come semplice “promotore dei servizi finanziari” alla stessa mercé dei venditori porta a porta poiché assimilati alla figura classica del rappresentante di commercio visto anche la natura prevalente del modello contrattuale (di agenzia) loro applicato e oggi pienamente criticato da più parti per le sue contraddizioni interne e non solo sul piano previdenziale.
Ci sarebbe da dire se non sarebbe stato più efficace aspettare qualche tempo visto che erano mature le condizioni nel portare avanti e sostenere la proposta di legge originaria precedente per l’istituzione dell’albo dei “consulenti finanziari” presentata nel marzo del 1990 da 18 Senatori, con primo firmatario il senatore G.Guzzetti . Un “Proposta “ ritenuta estremamente qualificata nel suo articolato che dava pieno riconoscimento e legittimità giuridica al Cf, soprattutto sotto l’aspetto professionale alla stessa stregua delle figure già regolamentate (medici,ingegneri,architetti,avvocati,commercialisti,ecc).
In sostanza la fretta e la voglia di voler ottenere un risultato immediato con l’inserimento nel testo della citata legge sulle Sim, anche della figura del consulente finanziario come un “promoter”, nella sostanza, ha complicato e ridimensionato il suo ruolo relegandolo ad una posizione marginale se non subalterna nel contesto della funzionalità del mercato finanziario italiano. Senz’altro sono punti di vista personali ma legittimi da porsi nel rispetto della libertà di critica e di pensiero.
Per il resto è cosa recente: oggi con i mezzi efficaci di comunicazione ognuno ha la possibilità di conoscere e sviluppare una propria opinione sulla natura della figura del consulente finanziario così come è attualmente rappresentata.
Occorre in definitiva superare questo “effetto alone” negativo che ha fortemente condizionato negli anni l’immagine della figura del promotore/consulente dando piena legittimazione al suo operare sul mercato finanziario visto il ruolo insostituibile nella relazione primaria che questi assolve tra investitore-intermediario-educatore e società civile. Nell’interesse primario della trasparenza e tutela del pubblico risparmio
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