L’integrazione fra Intesa e Ubi rilancia il tema del risiko bancario nel nostro Paese e pone l’attenzione su un altro grande tema d’interesse nazionale: il ricollocamento degli esuberi che inevitabilmente andranno ad interessare il personale bancario delle realtà interessate da queste operazioni di finanza straordinaria.
Secondo gli accordi presi da Carlo Messina, numero uno del gruppo Intesa Sanpaolo, sono circa 549 le filiali di Ubi che nell’ambito dell’integrazione passeranno sotto le insegne di Bper. Si parla di più di 20mila bancari il cui destino si deciderà nelle prossime settimane.
Ma il tema è più ampio. Secondo gli ultimi dati Bankitalia in Italia a fine 2019 c’erano 24.312 filiali di banca, un anno prima, nel 2018, gli sportelli erano 25.409. Dal database Abi sulla variazione percentuale degli sportelli nel decennio 2009-2019 emerge una riduzione del 30% delle filiali in tutta Europa.
“La questione dell’esodo dei bancari continua a essere di attualità da quasi un decennio, in specie a ragione dei fenomeni aggregativi a cui abbiamo assistito, assistiamo e assisteremo”, osserva Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti.
Luigi Conte, neoeletto alla presidenza di Anasf
Luigi Conte, neoeletto alla presidenza di Anasf, ritiene che l’aspetto contingente della crisi Covid abbia accelerato un processo naturale già in corso. “In virtù del riposizionamento del settore bancario, sembra inevitabile un’ulteriore riduzione degli sportelli e in conseguenza a ciò il ricollocamento di parte del personale dipendente in forza agli istituti”, commenta il numero uno dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede.
Per il presidente Anasf la revisione delle strutture organizzative delle banche è necessaria per far fronte a un mutato modello di domande e per razionalizzare le gestioni amministrative e finanziarie di strutture ormai sovradimensionate. “Il mercato premia chi rende virtuoso questo processo e penalizza chi invece lo subisce”, dice a FocusRisparmio.
Manlio Marucci, presidente di Federpromm
La tendenza è inevitabile anche per Manlio Marucci, presidente di Federpromm. “Nel breve periodo verrà fortemente ridimensionato il numero degli sportelli bancari e credo che interesserà tutta la filiera sul territorio senza distinzione di aree geografiche. Il dato quantitativo della riduzione delle filiali sarà significativo in funzione degli accordi sindacaliche saranno pacificamente raggiunti in fase negoziale con le controparti datoriali”.
La questione che il sistema si pone, a maggior ragione in un contesto critico dal punto di vista occupazionale quale quello dell’Italia post-Covid, è quante di queste persone torneranno in ufficio e quante invece saranno costrette a cambiare lavoro, magari diventando liberi professionisti. Per le reti di consulenza finanziaria e i consulenti stessi rappresenta un’opportunità o una minaccia?
Rischio o opportunità?
“Le banche hanno anche provveduto in questi anni a trasformare parte del loro personale in esubero, agendo sulla leva della formazione e dell’iscrizione all’albo dei consulenti finanziari, in figure diverse. È un processo complesso, anche perché incide su attitudini personali di difficile imposizione e occorre capire se esistono reali possibilità di conversione di personale non specializzato”, spiega Tofanelli.
Per quanto riguarda il settore del risparmio gestito, il calo degli sportelli può rappresentare l’opportunità per consulenti e società mandanti di guadagnare quote di mercato a scapito dei colleghi bancari. In base alle ultime rilevazioni Assogestioni (Mappa della distribuzione – 2018) agli sportelli e filiali bancari è possibile attribuire il 70% del patrimonio dei fondi comuni complessivamente collocato in Italia; ai consulenti finanziari il rimanente 30%. Se allarghiamo la prospettiva anche agli altri strumenti di risparmio gestito il peso dei cf scende sotto il 20%.
Tuttavia, dal mondo bancario arrivano istanze di protezione dello status quo. Si fa carico della difesa delle prospettive dei consulenti bancari Marucci di Federpromm, che spiega: “Purtroppo, l’incidenza del risparmio gestito sul conto economico delle reti di collocamento, rispetto ai servizi e prodotti tradizionali della banca ha fatto negli anni la differenza – sostiene Marucci – e ne sono testimonianza gli utili realizzati in questi anni per le reti controllate dai grandi gruppi bancari e/o assicurativi che ne hanno indirettamente beneficiato aumentando la stabilità patrimoniale dell’intero sistema. Indubbiamente nei prossimi anni si porrà il problema vero del ricambio generazionale e la riqualificazione e formazione di tutto il personale: solo di recente si è iniziato ad affrontare seriamente il problema. Troppe contraddizioni sono presenti e se queste non vengono affrontate organicamente si rischia il collasso anche a livello delle stesse società di collocamento”.
La qualità fa la differenza
“La possibilità di incrementare il numero dei clienti per i consulenti finanziari è concreta. Chi viene dal mondo bancario potrà senz’altro dare il suo contributo e raccogliere la sfida, mettendo però in conto che un servizio di consulenza virtuoso non può prescindere da competenze di alto livello e da un importante senso di responsabilità”, precisa Conte.
Il pensiero è condiviso da Tofanelli: “Il tema non è quanti dei 25.000 dipendenti bancari in esubero possano apportare vantaggio al sistema delle reti bensì quanti di loro abbiano qualità, esperienza e attitudine in linea con i livelli di competenza e conoscenza richiesti dal mercato e dalla normativa attuale e prospettica per svolgere con successo la professione di cf abilitato all’offerta fuori sede”.
Quindi la domanda, la quota di mercato delle reti salirà? “Mi aspetto che il peso percentuale delle associate all’Assoreti e dei loro consulenti continui a salire, ma per il servizio che fa la differenza e fa aumentare asset e clienti: i numeri parlano da soli”.
A conti fatti, quindi, la qualità che vince sulla quantità. “Le reti sono ben strutturate per accogliere nuovi colleghi dal mondo delle banche ed anzi da quasi 25 anni molti dipendenti private hanno già fatto questa scelta, indipendentemente dai fenomeni di esubero, con ottimi risultati. È e sarà la qualità a pagare, come sempre, non la quantità di esuberi o i minori sportelli”, chiosa il segretario dell’Assoreti.
Fideuram-IwBank riapre il risiko delle reti. Il riposizionamento del settore bancario, d’altronde non può non coinvolgere anche le reti di consulenti finanziari ad esse integrate. Ne è consapevole Conte, che si dice favorevole ad un consolidamento nel settore purché esso avvenga “nel rispetto del patrimonio culturale dei professionisti della consulenza finanziaria. Se le future operazioni serviranno a rafforzare la dimensione operativa della categoria ben vengano, ove così non fosse ci attiveremo per proteggere gli interessi dei nostri professionisti”.
Per Federpormm, invece, il problema vero sarà come riequilibrare la natura del rapporto contrattuale, ovvero se incentrato su moduli tipo mandati di agenzia o su come garantire la maturazione dei diritti acquisiti a livello previdenziale. “L’esperienza del modello ibrido adottato da Intesa (metà dipendente e metà autonomo) non si è dimostrato funzionalmente corretto e accettato dal personale bancario, e certo non gratifica sia in termini economici e professionali il neo-consulente finanziario”, conclude Marucci.
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